Smart Working: necessità temporanea o scenario futuro?

Le aziende e i lavoratori impegnati nella gestione del proprio lavoro secondo la modalità smart imposta dalla straordinarietà del periodo storico che stiamo affrontando si interrogano sugli scenari futuri delle proprie attività.

 Quali segnali possiamo cogliere ad oggi?

Partiamo da un elemento certo, racchiuso nell’articolo 90 del Decreto Rilancio, che sancisce l’applicabilità del lavoro agile fino alla cessazione dello stato di emergenza. 

Cosa faranno le aziende al termine dello stato di emergenza, è in questo periodo un argomento di grande interesse e fonte di interessanti dibattiti ad ogni livello. 

Dirigenti di azienda e lavoratori, ognuno con il proprio punto di vista e con le esperienze maturate in questi ultimi mesi, sono attenti a valutare gli aspetti positivi e negativi di una trasformazione che potrebbe segnare, non solo la fine di un modello organizzativo consolidato, ma lo sviluppo di una nuova cultura del lavoro.  

Una risposta è già arrivata da “giganti” del web come Twitter e Facebook che hanno annunciato la decisione di proseguire le proprie attività adottando lo Smart Working in maniera strutturale anche al termine dello stato di emergenza. Una vera rivoluzione, che induce anche le aziende più piccole a chiedersi se sia davvero il caso di adottare il lavoro agile, magari con un approccio meno radicale che consenta di alternare lavoro a distanza e lavoro in presenza, limitando la presenza dei dipendenti nel luogo di lavoro ai soli casi di effettiva necessità. Secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, per valutare la fattibilità di una soluzione di Smart Working nel proprio organico bisogna considerare diverse variabili, come la dotazione tecnologica, la predisposizione delle persone e le caratteristiche dei compiti da svolgere. In assenza di equilibrio tra questi elementi, il lavoro flessibile rischia di non essere praticabile e di avere ripercussioni negative sulla qualità dei risultati.

Nel frattempo cosa accade invece nella Pubblica Amministrazione?

Oggi il 92,3% dei  dipendenti della PA sta lavorando in modalità “smart” e per l’87,7% di loro si tratta di un’esperienza completamente nuova, nonostante questo il bilancio dello Smart Working nella PA è davvero incoraggiante: l’88% dei dipendenti considera molto positivamente l’esperienza e il 61,1% ritiene che questa nuova cultura, basata sulla flessibilità e sulla cooperazione all’interno degli Enti, tra gli Enti diversi e nelle loro relazioni con cittadini e imprese, prevarrà anche una volta finita la fase di emergenza.

Il Ministro per la Pubblica Amministrazione, Fabiana Dadone, intervenuta sull’argomento affrontato da SkyTg24, ha manifestato un orientamento favorevole all’adozione stabile dello Smart Working nella PA, affermando che “ci sono attività indifferibili che implicano la presenza fisica, ma per il 30% mi piacerebbe spingere sullo Smart Working o Remote Working. Si è visto che aumenta la produttività e credo che per la Pubblica Amministrazione siano maturi i tempi“.  “Non voglio – ha aggiunto la Ministra Dadone- che il lavoro si riduca ad attestazione di presenza fisica. Voglio che tutto sia guardato nell’ottica del risultato, di stimolare il funzionario nel miglioramento del servizio, spingendolo sul risultato e non sulla presenza“.